Per il Potus – e per una larga parte dei suoi elettori – il problema delle stragi nelle scuole americane si risolve solo armando i professori. Come dire non combattiamo la violenza con il dialogo e la comprensione ma con altra violenza: se tuo figlio picchia un altro bambino tu picchialo ancora più forte. E poi picchia pure l’altro bambino perché non si è saputo difendere adeguatamente.
Dal pugno chiuso alla mano armata il passo è breve specie se per la campagna elettorale, invece di parlare dei problemi strutturali che sono alla base della società e che attendono risposte adeguate da decenni si preferisce nasconderli dando la colpa a questa o quella categoria sociale.
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
Prima di chiudere la notizia e passare ad altro è bene non dimenticare che gli attuali modelli scolastici à la page presso il Miur – il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca -, non sono che il calco delle teorie pedagogiche statunitensi che si sono diffuse tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila. Ad esempio la formazione per competenze – importata in questo modo – oppure il modello flipnet – ampiamente divulgato come buona pratica nell’ambito del programma governativo “La Buona scuola”.
Discutiamole mantenendo un pizzico di gran salis, prima che anche qui sia troppo tardi: se si fonda l’insegnamento sull’appeal e sulla competizione si arriva all’elogio del bello e quindi alla rupe Tarpea per chi non lo é. Bisogna ripartire su quanto di buono c’è, ancora, nel sistema scolastico italiano e guardano anche al resto del mondo (la Cina, per esempio) cercando di mantenere una visione il più aperta possibile. Perché rincorrere le classifiche può generare delle distopie: è il caso del sistema scolastico finlandese, per esempio, assunto a modello eppure con diversi problemi se visto da un punto di vista locale.
Predichiamo l’ugualianza ma di fatto sposiamo stilemi che favoriscono la separazione della società in compartimenti stagni: ma ricordiamo la nostra storia?
Sarebbe bene mantenere un sano approccio pragmatico che la smetta di costruire teorie-meme incartate da nomi sfavillanti – più che altisonanti, per i più che spesso nemmeno ne comprendono il significato – in lingua inglese. Perché l’anglicorum – di manzoniana memoria – non ci aiuterà affatto né a migliorare la scuola né a garantire una società migliore.
“Si piglia gioco di me?
Che vuol ch’io faccia del suo anglicorum?”
Linkopedia
Banca dati sui sistemi scolastici nel mondo