Piccola guida ai temporali

Agosto, periodo di temporali: improvvisi, violenti, refrigeranti, rovinosi. Complice la maggiore attenzione mediatica certo ma anche una maggiore diffusione e violenza, i temporali sono diventati protagonisti assoluti della cronaca meteorologica. 

Un temporale non è che la più semplice – si fa per dire – macchina termodinamica della natura. Una macchina termodinamica è un processo che si fonda sul passaggio di calore da una sorgente a un ricettore più freddo: in particolare il calore passa da una sorgente a temperatura maggiore a un ricettore più freddo e nel fare questo compie un lavoro. 

Figura 1. Formazione di un temporale: (1) irraggiamento solare e sviluppo di moti convettivi; (2) sviluppo di (bolle) isotermiche; (3) avvio della fase di condensazione e formazione di cumuli; (4) formazione di cumulonembi per coalescenza dei cumuli e attivazione della torre convettiva del temporale; (5) maturazione e avvio della fase precipitativa

La sorgente che attiva il temporale può essere il terreno scaldato dal sole nelle tipiche giornate estive oppure la superficie del mare che ha accumulato calore (e lo rilascia più lentamente della terra) nottetempo in estate oppure nelle giornate autunnali. Il ricettore di questo calore è l’alta quota troposferica dove scorre aria più fresca. Lo scambio di calore avviene dal basso verso l’alto attraverso lo sviluppo di moti convettivi. L’aria calda sale sotto forma di termiche ovvero di superfici isotermiche – ovvero a egual temperatura – che si gonfiano verso l’alto come palloncini gonfiati dall’aria calda che continua a risalire dal basso. Si formano le cosiddette bolle di condensazione, così chiamate perché sulla superficie di contatto tra queste bolle calde e leggere e la circostante aria più fredda e densa inizia a formarsi uno strato di vapore acqueo.

Figura 2. Passaggio dalle termiche alle bolle di condensazione: così nascono le nuvole

Ma dove viene questo vapore? Proviene dall’aria calda che risale dal suolo: il contenuto di umidità dell’aria è direttamente proporzionale alla temperatura. Più è calda maggiore contenuto è il contenuto di acqua che può ospitare: attenzione parliamo di umidità assoluta (ovvero la quantità di acqua totale contenuta in un metro cubo d’aria). Differente è l’umidità relativa: questo valore indica il rapporto tra la densità del vapore contenuto nel metro cubo d’aria in esame e la densità del vapore saturo alla temperatura a cui si trova l’aria. Semplificando l’umidità relativa misura il rapporto tra la quantità di acqua contenuta nell’unità di aria in esame e la quantità massima d’acqua – sotto forma di vapore – che la stessa unità d’aria a quella specifica temperatura può ospitare al massimo prima che questa inizi a condensare. Bene a parità di contenuto assoluto di umidità, l’umidità relativa diminuisce man mano che la temperatura sale e viceversa.

Tornando alla crescita del temporale (fig. 1) le bolle di condensazione iniziano ad essere visibili come cumuli sempre più grandi e lucenti: come gigantesche montagne di panna li vediamo verso le montagne dalla pianura negli assolati pomeriggi estivi. Siamo al punto 4 della figura 1. Che succede a questo punto? Se non c’é vento teso a terra (che smonterebbe questo processo con un meccanismo di taglio trasversale o wind shear in inglese, verso il quale le nubi per quanto imponenti non hanno resistenza alcuna e finirebbe per smontarsi e dissolversi) i cumuli si fondono l’un l’altro (per coalescenza) dando vita a una torre convettiva. Ecco che la macchina termodinamica è pronta: il temporale inizia ora ad aspirare sempre più aria calda dal suolo. Queste correnti si verticalizzano, risalendo la troposfera per migliaia di km. Se il gradiente di temperatura che ha attivato il processo è sufficientemente elevato (bastano 5° di differenza alla quota di 1.500 metri) la torre convettiva sale superando i 10.000 metri d’altezza (la base è ad appena 2.000 metri da terra). Andando oltre può sfondare la tropopausa (la superficie ideale che divide la troposfera, cioè la parte di atmosfera dove viviamo dalla stratosfera): la pressione nella stratosfera è molto minore, pertanto le bolle di vapore si espandono immediatamente dando vita alla cupola troposferica con la classifica forma a incudine. A questo punto le correnti ascensionali (che nel momento di massima attività del temporale possono superare i 300 km/h) rallentano la propria corsa: ora sono fredde e pesanti. Avendo ceduto tutto il loro contenuto di vapore all’aria circostante hanno anche liberato una immensa quantità di energia sotto forma di calore latente di condensazione ovvero il calore rilasciato dal vapore per raffreddarsi e passare di stato da gassoso a liquido. Questo calore estratto dall’aria calda in risalita dal basso mantiene la differenza di temperatura con l’aria più fredda circostante ovvero contribuisce a mantenere attiva la torre di condensazione: per questo il calore latente di condensazione è la benzina di un temporale. Al momento in cui l’aria al suolo si sarà raffreddata (ad esempio per la riduzione del soleggiamento) il temporale si indebolirà rapidamente: è questo il motivo per cui, sempre in estate, i temporali pomeridiani si dissolvono al tramonto.

Figura 3. Fisiologia di un temporale

All’interno del temporale, nel momento di massima attività (fig. 3) si formano due zone ben distinte separate da un piano mediano (in realtà una superficie curva assimilabile alla metà di un iperboloide a una falda): procedendo nella direzione di avanzamento del temporale, a monte del piano mediano dominano le correnti ascensionali calde. A valle dominano le correnti discensionali fredde. Il transito del piano mediano è annunciato dal passaggio (spesso di pochi minuti) di una fase di quiete (sì, la quiete prima della tempesta non è una licenza poetica). Questa fase è preceduta dal richiamo caldo che segnala l’attiro del temporale e la diminuzione della pressione atmosferica: è il momento in cui le porte sbattono. L’aria esce dalle case, dove la pressione è più alta di quella esterna, dalle cantine e dai seminterrati: è il tanfo del diavolo, quell’odore di zolfo che gli antichi pensavano annunciasse il maligno (i temporali non erano ben visti, a ragione, dalla società contadina) e che in realtà era dovuto ai miasmi portati dall’aria in risalita da fosse settiche e cisterne interrate – oggi da fogne e fognoli – richiamata dal rapido diminuire della pressione atmosferica. Occhio, più è intenso questo effetto più è repentina e accentuata la diminuzione della pressione atmosferica e quindi più è intenso il temporale.

Passata la breve fase di quiete, inizia l’attività elettrica in loco sebbene i tuoni magari si sentivano già da un po’ con il caratteristico rumore sordo e corto dato dall’effetto Doppler, similmente al caso del suono della sirena di un ambulanza che è acuto e breve all’avvinarsi e poi si fa lungo e stridulo man mano che l’ambulanza si allontana. Quindi arrivano le raffiche di vento, fredde, che soffiano dal centro del temporale verso l’esterno. Passato il piano mediano rapidamente arrivano le correnti discensionali: alle raffiche seguono le meteore più pesanti. Se la torre convettiva è sufficientemente sviluppata arriva la grandine: a questo punto la rifrazione sul ghiaccio che precipita dona alla nube temporalesca riflessi smeraldini, tanto più accentuati quanto più grande è la quantità di grandine in arrivo e soprattutto quanto più grandi sono i chicchi. Più o meno contemporaneamente arrivano i rovesci di pioggia grossa (i goccioloni): è il momento di massima intensità del temporale che dura tra i 10 e i 15 minuti in media per un semplice temporale estivo isolato.

A questo punto i rovesci si attenuano, la pioggia si fa regolare e il vento si riduce rapidamente di intensità: l’aria si è fatta molto più fresca arrivando a perdere fino a 15° (talvolta 20° e oltre) rispetto alla temperatura che si aveva prima dell’arrivo dei primi tuoni. Il temporale ha assolto quindi al suo ruolo: ridurre lo scarto termico tra i bassi strati e l’alta troposfera. Semplificando, un temporale non è che un gigantesco condizionatore delle condizioni meteorologiche locali.

Come tutte le macchine termodinamiche ci sono vari tipi di temporali: ne parleremo più avanti. Per ora vorrei tornare al momento di massima intensità del temporale: quando le correnti ascensionali sono più intense. Senza voler complicare troppo questa breve disamina, esistono dei fattori sinottici esterni (cioè di mesoscala, quindi di scala geografica più grande rispetto al piccolo di una valle scaldata dal sole) che possono amplificare enormemente la forza della torre convettiva. C’entrano le correnti d’alta quota e, nei casi più estremi, la corrente a getto: se questa (alle quote ove usualmente transita, tra i 6mila e gli 8mila metri d’altezza) nelle sue fluttuazioni incontra le condizioni al suolo idonee alla formazione di un fronte temporalesco può accelerarne le correnti discensionali al punto da provocare la rotazione su sé stessa della torre convettiva. Rimandando alla bibliografia per maggiori approfondimenti – e scusandomi per l’eccessiva semplificazione – questa rotazione può trasmettersi fino al suolo invorticando tutta la colonna delle correnti ascensionali. Dal soffitto inferiore della cella temporalesca inizia allora a formarsi un fronte di nubi più basse (dai 2mila metri possono scendere fino a 1.500-1.200 metri d’altezza) e compatte: un muro letteralmente da qui il nome a questa struttura nuvolosa discendente. Se la rotazione della torre convettiva è sufficiente, la nube a muro, roteando anch’essa può spanciare come una ballerina che allarga le braccia per girare più rapidamente a parità di momento angolare ovvero di forza impegnata nella rotazione. Si sviluppa allora una nube a mensola, talvolta con il caratteristico profilo da disco volante. A questo punto, se le condizioni sono favorevoli al totale invorticamento della colonna ascensionale inizia lo sviluppo di una tromba d’aria (fig. 4): dalla nube a mensola (shelf cloud, in inglese) discende una nube a imbuto (funnel cloud) e quindi la rotazione discende rapidamente a terra con il caratteristico imbuto d’aria. Questo (è una fase molto, molto pericolosa) non è immediatamente rilevabile in quanto assume il classico colorito grigio scuro (o marrone, sui terreni agricoli o argillosi) quando il sistema è ormai maturo è ha iniziato ad aspirare polvere e detriti da terra.

Figura 4. Schema di un temporale tornadico

Una tromba d’aria o tornado può collassare in pochi secondi oppure durare anche dieci minuti o più, spostandosi in maniera assolutamente imprevedibile e percorrendo anche decine di chilometri (nelle grandi pianure nordamericane sono stati documentati tornado che hanno percorso anche centinaia di chilometri). La scala Fujita descrive, sul modello della scala Mercalli per i terremoti, l’intensità stimata di una tromba d’aria o tornado sulla base dei danni accertati: come si vede nelle sue forme più violente la velocità delle correnti ascensionali sul margine del cono possono raggiungere e superare i 300 km/h.

Fenomeno completamente diverso ma altrettanto pericoloso è quello del downburst (fig. 5). Si tratta, letteralmente di una eruzione d’aria (da qui il neologismo di nuberùmpito –  erumpito, dal latino erumpo – con il quale, in via assolutamente non ufficiale, tradurrei downburst, introdotto per la prima volta nel 1978 da Tetsuya Theodore Fujita nel Workbook of Tornadoes and High Winds for Engineering Applications) che all’improvviso si trasmette dalla nube temporalesca verso terra. 

Figura 5. Schema di un temporale con downburst

La tromba d’aria o tornado si sviluppa a monte del piano mediano del temporale e riguarda le correnti ascensionali. Il downburst si verifica a valle del piano mediano del temporale e riguarda le correnti discensionali. Le correnti generate da una tromba d’aria attirano verso sé con forza anche estrema trascinando verso l’alto; le correnti che accompagnano un downburst spingono con forza verso l’esterno del temporale. Quando il downburst (che può superare anche i 200 km/h nella corrente di caduta) è particolarmente intenso allo stramazzo a terra può generare l’espansione repentina con invorticamento dell’aria preesistente in una ciambella circolare cui viene impressa una rotazione su sé stessa che può superare i 275 km/h. È un fenomeno che si trasmette con rapidità da deflagrazione (da qui l’efficacia del termine scelto da Fujita, di esplosione verso il basso) con esiti localizzati – come nel caso dei tornado – e distruttivi.

Figura 6. Schema della disposizione delle cariche elettriche in un temporale

L’attività elettrica di un temporale (fig. 6) è il prodotto degli intensi moti ascensionali e discensionali: tipicamente le correnti calde ascensionali inducono una carica positiva al suolo rubando carica elettrica negativa soprattutto dagli alberi e dalle punte (tetti, antenne e altri apparati torreggianti). Questa carica negativa si va a localizzare nella fascia centrale della torre convettiva. Parimenti la base della cella temporalesca presenta una carica debolmente positiva, mentre la cupola troposferica tende ad accumulare una maggiore carica positiva (qui sono le correnti discensionali a rubare elettroni). Le fulminazioni si originano quindi in questa pila tripartita:

  • nube-aria tra la sommità e la stratosfera;
  • nube-nube tra la sommità e la fascia centrale della cella e tra questa e la base;
  • nube-terra tra la fascia centrale della cella e le punte a terra.

Sono possibili anche fulmini nube-nube (in questo caso tra fascia di carica opposta) qualora vicino alla cella temporalesca se ne sviluppino altre.

Come ho accennato prima di parlare delle trombe d’aria, un temporale – o meglio, la cella temporalesca che lo origina – può presentarsi in vari modi (fig. 7, esempi di restituzione del radiosegnale o eco radar):

  1. isolato: è il caso dei temporali pomeridiani estivi che si sviluppano localmente qui e là in caso di afflusso di deboli correnti fresche in quota che instabilizzano la colonna d’aria;
  2. in famiglia (groppo) allineata lungo il fronte di una avvezione d’aria fredda. In Italia si presentano durante la stagione autunnale e primaverile quando sono frequenti gli scambi meridiani di masse d’aria d’origine – e temperature – molto diverse. Nella linea di groppo (detta anche linea dei gobbi, per via dell’immagine satellitare che evidenza le gobbe delle cupole troposferica di ciascuna cella in sequenza) ciascuna cella temporalesca avanza di pari passo ma indipendentemente dalla vicina: i fenomeni possono però amplificarsi, data la prossimità delle celle, come avviene frequentemente con le raffiche di downburst che si possono presentare non più a carattere localizzate ma organizzate in un fronte anche di decine di km;
  3. in serie come sistema unico autorigenerante: si verifica in presenza di aria molto umida lungo una linea di convergenza tra correnti al suolo di provenienza opposta. In questo caso le celle temporalesche si presentano in serie, alimentandosi l’un l’altra: in sostanza se l’aria è carica di umidità, la corrente discensionale della prima cella è ancora sufficientemente calda e umida per diventare la corrente ascensionale della cella a seguire e così via. Un autorigenerante è una delle configurazioni più pericolose perché è lento a evolvere in senso longitudinale e, data la progressione delle celle che si susseguono lungo la convergenza, presenta caratteri di stazionarietà con i rovesci temporaleschi che possono proseguire anche per diverse ore causando alluvioni lampo. È una delle condizioni meteorologiche più pericolose che possono verificarsi alle nostre latitudini: i peggiori eventi alluvionali registrati in Liguria, Calabria e Sicilia così come nel sud della Francia (dove prendono il nome di orage cévenol) e in Corsica sono associati a linee di convergenza con temporali autorigeneranti.  
Figura 7. Tipi di temporale: (1) isolato; (2) linea dei gobbi lungo un fronte freddo; (3) autorigenerante in senso a una linea di convergenza tra masse d’aria differenti. In quest’ultimo caso si noti la punta della V ideale: è nell’area del pungiglione (sting, in inglese) perché è in quel punto che si rigenerano continuamente nuove celle temporalesche fresche ed è quindi lì che i fenomeni possono assumere carattere di straordinarietà

Questa trattazione è estremamente semplificata, ma la classificazione che ho appena descritto non racchiude tutte le possibili forme in cui può presentarsi una cella temporalesca. Le celle temporalesche più intense, quelle che ad esempio attingono a elevanti gradienti di temperatura o ad altrettanti elevati tenori di umidità o, ancora, a fenomeni di accelerazione delle correnti ascensionali indotti dall’accoppiamento con la corrente a getto, possono crescere e rinforzarsi assumendo le caratteristiche di una supercella (fig. 8). Date le condizioni al contorno favorevoli a un estremizzazione dell’instabilità atmosferica una supercella si origina dalla coalescenza di più celle temporalesche gemelle in un unico sistema. Come detto a proposito delle trombe d’aria, la forza della supercella – una tromba d’aria o tornado deriva sempre da una supercella mentre una supercella non sempre genera una tromba d’aria o tornado – deriva dall’instabilizzarsi della colonna ascensionale che inizia a ruotare. In questo caso la cella da tondeggiante (fig. 8. caso 1)  assume una forma a banana (fig. 8 caso 2). Le due estremità della cella a banana non sono uguali: quella superiore (nel nostro emisfero, in quello australe sarebbe il contrario) assume una curvatura ciclonica mentre quella inferiore anticiclonica. Una curvatura ciclonica (con l’aria che si avvita su sé stessa dal basso verso l’alto) facilita i movimenti rotazionali mentre, per contro, quella anticiclonica (con l’aria che si avvita in senso orario, dall’alto verso il basso) tende a smontare le correnti ascensionali. La supercella continua a evolversi (fig. 8 caso 3) rivelando un eco radar ad arco (bow echo, in inglese) dove la testa, in alto rispetto all’ex banana, è la parte più attiva. È sempre sul fronte orientale della testa che si sviluppa il downburst. Se la supercella continua a trovare alimentazione non si dissipa, ma continua a incurvarsi con una testa sempre più forte e una coda che si dissipa (per la curvatura anticiclonica) ma si riforma continuamente (per induzione delle forti correnti ascensionali generate sulla testa). Il radar (fig. 8 caso 4) rivela un eco a virgola (comma echo, in inglese): è un segno di estremo pericolo perché è questo il caso nel quale la supercella nella testa (con la caratteristica forma a uncino, hook echo) può localizzare contemporaneamente un downburst sul fronte più esterno e un tornado sul fronte interno (fig. 8 caso 5).

Figura 8. Esempio di radiosegnale nella fasi di passaggio da una cella temporalesca a una struttura ad arco e quindi a una struttura rotazionale cosiddetta a virgola, possibile generatrice di tornado.  Rielaborazione dell’autore da NOAA

L’evento rovinoso che si è verificato il 18 agosto 2022 sulle coste del Mar Ligure e l’Alta Toscana è un’ulteriore evoluzione. Si tratta di un sistema multicellulare di mesoscala, nel quale la linea dei gobbi (fig. 7 caso 2) si è arcuata rivelando un radiosegnale ad arco (fig. 8 caso 3). 

Fig. 9. Episodio temporalesco del 18 agosto 2022. Il sistema multicellulare di mesoscala che si vede a sinistra sul Mar Ligure ha assunto la configurazione di un derecho. Ha percorso 1.200 km in meno di 15 ore con una velocità di traslazione di circa 70 km/h, presentandosi sulle coste ligure e dell’Alta Toscana su un fronte di 400 km. Le diverse, violente, segnalazioni di downburst descrivono una contemporaneità e una forza (raffiche tra 120 e 175 km/h) di un evento di derecho. Fonte, immagine a sinistra Servizio meteorologico dell’Aeronautica militare, immagini a sinistra elaborazione dell’autore sulle fulminazioni trasmesse dal sito Blitzortung.org (serie storica dalle 22:00 del 17 agosto alle 12:00 del 18 agosto)

Come si vede dalla fig. 9, a sinistra, alle 8:30 del 18 agosto sul Mar Ligure era presenta un sistema convettivo di mesoscala con un sistema temporalesco ad arco proprio davanti le coste. Questi temporali in parallelo hanno generato raffiche di downburst quasi contemporanee secondo un unico fronte: questo fenomeno è stato definito per la prima volta dal fisico Gustavus Detlef Hinrichs nel 1888 sull’articolo Tornadoes and derechos per la rivista American Meteorology. Un derecho (dallo spagnolo, diretto nel senso pugilistico del termine) è costituito da forti raffiche di downburst sviluppate contemporaneamente da una linea dei groppi.

Conoscere – almeno a grandi linee – i fenomeni violenti dell’atmosfera è necessario per imparare a convivere con queste manifestazioni che sono assolutamente normali ma che negli ultimi anni si stanno manifestando con intensità e frequenza non ordinarie rispetto alle serie storiche di cui disponiamo. Anche qui da noi, in Italia le tempeste, trombe d’aria, downburst e addirittura i derecho iniziano a manifestarsi in maniera tale da non essere più eventi occasionali e trascurabili: un motivo in più per rendersi conto che la transizione ecologica e in generale il riallineamento del nostro modo di vivere con i bisogni e le esigenze di una natura sempre più sotto pressione proprio a causa delle nostre scelte.

E nel piccolo del quotidiano non affidarsi solo alle applicazioni automatiche del telefonino ma seguire sempre i bollettini di eventuale allerta della Protezione Civile: non farsi mai trovare impreparati. Perché un temporale non è mai solo un temporale.

Bibliografia

NOAA, Ente Statunitense per l’Atmosfera e gli Oceani, bibliografia aggiornata su sistemi di mesoscala, bow-echo e derecho

1978, Tetsuya Theodore Fujita, Workbook of Tornadoes and High Winds for Engineering Applications

2009, Nolan T. Atkins & Michael St. Laurent, Bow Echo Mesovortices (parte I e parte II) 

2014, a cura del Centro Epson/Meteo Expert, Manuale di Meteorologia, Alpha Test

2016, AA.VV, Temporali e Tornado, Alpha Test

2015-2021, Serie Meteorologia (7 volumi), Andrea Corigliano, Ronca Editore

Sitografia

Rivista di meteorologia aeronautica, Ufficio meteorologico dell’Aeronautica Militare

Archivio dati meteorologici, Ufficio meteorologico dell’Aeronautica Militare

Portale della SMI – Società Meteorologica Italiana

Dipartimento della Protezione Civile: prepararsi al rischio meteorologico

Allerta meteo ARPA Emilia-Romagna: cosa fare in caso di temporali 

Blitzortung, fulminazioni in tempo reale ed estrazione di serie storiche

NOAA Wiki, pagina sui temporali

NOAA Wiki, pagina sui derecho

NOAA Wiki, laboratorio sulle tempeste, pagina sui tornado

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