Le diete vegetariane sono adatte ai bambini?

Una dieta esclusivamente (o quasi) vegetale nell’età evolutiva può comportare dei rischi? Il tema è stato trattato in un position paper pubblicato da Società italiana di pediatria preventiva e sociale, Federazione italiana medici pediatri, Società di medicina dell’adolescenza e Società di medicina perinatale. Le conclusioni cui è giunto il gruppo di lavoro, composto da 39 esperti e coordinato da Giuseppe Di Mauro e Margherita Caroli, sono chiare: “Le diete vegetariane (latto-ovo-vegetariana e vegana) non supplementate devono essere considerate inadeguate a garantire un corretto sviluppo psicomotorio”.

Secondo gli autori del documento, i bambini che seguono una dieta latto-ovo-vegetariana devono assumere integratori di vitamina B12, ferro, DHA (un grasso omega-3 presente in alcuni pesci e oli di semi) e in alcuni casi anche vitamina D, zinco e calcio; i bambini con dieta vegana hanno la necessità di integrare tutti questi nutrienti, senza distinzioni. Va anche valutato il raggiungimento ottimale dell’apporto proteico. Inoltre – scrivono i pediatri – “si raccomandano periodiche valutazioni dello status nutrizionale nei bambini e negli adolescenti”. Insomma i bambini alimentati con una dieta vegetariana dovrebbero assumere minerali e vitamine e sottoporsi a esami del sangue per verificare i livelli delle sostanze di cui si può ipotizzare una carenza.

Nel nome di vitamina B12, o cobalamina, rientra un gruppo di sostanze contenenti cobalto, coinvolte nel metabolismo degli acidi grassi, degli amminoacidi e degli acidi nucleici. È particolarmente delicata la fase di gravidanza, dove livelli insufficienti di B12 nella madre possono avere effetti molto pericolosi per il nascituro. Oltre che dalla dieta, la carenza può derivare anche dall’assenza del fattore che facilita l’assorbimento della vitamina a livello intestinale (può accadere ad esempio in caso di disfunzioni tiroidee). In entrambi i casi le conseguenze sono disturbi a carico del sistema nervoso e della produzione delle cellule del sangue, se non curata può degenerare in anemia perniciosa.

Ma, in una dieta “normalmente onnivora”, non c’è nulla di naturale nell’assunzione della B12.

La vitamina B12 non viene prodotta dalle piante, né viene prodotta dagli animali. In natura sono i batteri presenti nel terreno o nelle acque a produrre la vitamina B12, e quindi i vegetali così come si trovano in natura (e così come l’umanità li ha sempre consumati quando viveva in uno stato di natura) contengono B12 da contaminazione batterica.
Noi non viviamo più in uno stato di natura, perciò non siamo in grado, oggigiorno, di assumere questo nutriente dai cibi vegetali contaminati da batteri, anche perché le comuni pratiche igieniche necessarie per allontanare qualunque tipo di contaminante, biologico e chimico, vanno sempre rispettate.

Il problema, quindi, non è che “la Natura” ha pianificato male questo aspetto e quindi mangiare solo cibi vegetali è “innaturale”: quello che è innaturale è tutta la nostra vita e, anzi, il nutrirci di soli vegetali è la scelta più naturale che possiamo fare. La soluzione è semplice: coltivare i batteri appositamente, esattamente come si fa per lo yogurt, per esempio (con altri ceppi di batteri ovviamente), e nessuno trova strano o innaturale mangiare uno yogurt (ovviamente di soia, nel nostro caso). Anziché vivere nel terreno, questi batteri vivono su un substrato di carboidrati (ad esempio la melassa). La B12 che essi producono viene prelevata e posta in una sorta di “caramellina”: quello è l’integratore. Esso, dunque, contiene la vitamina B12 prodotta esattamente come in natura, dai batteri.

Anche per gli animali vale la stessa considerazione fatta per noi umani: anche loro non mangiano più in maniera “naturale” e non sono quindi in grado di assumerla dal cibo, ma devono anch’essi assumerla da integratori addizionati ai loro mangimi. La stragrande maggioranza della vitamina B12 prodotta nel mondo è infatti consumata dagli animali d’allevamento, non certo dagli esseri umani! Che senso ha, dunque, non voler assumere un integratore e ricavare la vitamina B12 mangiando prodotti animali? Agli stessi animali viene fatto assumere l’integratore: è solo per questo che nelle loro carni o latte o uova è presente la vitamina B12, altrimenti non ci sarebbe.

È molto più logico, naturale, salutare, assumere direttamente noi umani un integratore di sintesi batterica, cioè la forma che si troverebbe in natura. Inoltre, agli animali d’allevamento non viene data solo la vitamina B12, ma moltissimi altri integratori, sostanze chimiche e farmaci.

Cosa c’è di “naturale” in questo?

L’utilizzo di integratori di questa vitamina è invece un modo intelligente e sicuro per proteggersi dal rischio di carenza, che tra l’altro è sempre più diffuso, tanto che l’Istituto di Medicina Americano raccomanda che tutte le persone al di sopra dei 50 anni, indipendentemente dal tipo di dieta, assumano la vitamina B12 sotto forma di integratori e di cibi fortificati, al fine di garantirne un assorbimento ottimale.

Esiste una fonte “naturale” di vitamina B12 – e molti altri nutrienti essenziali – e sono i cibi fermentati. Tutti i cibi fermentati, come crauti, sottaceti, pane a lievitazione naturale, la birra (meglio se artigianale), favoriscono la creazione di vitamina B12 e aiutano il nostro intestino a sintetizzare questa “misteriosa” vitamina. Anche i cereali integrali, quali grano e avena, possono fornire l’intero complesso vitaminico del gruppo B. Le alghe contengono soddisfacenti quantità di vitamina B12 e, introducendole nella alimentazione di base se ne ricaverebbe la giusta quantità. La B12 è anche nella farina di soia ma risulta più facilmente assimilabile in fermentati come il tempeh, nel quale l’aumento della vitamina viene determinato da un batterio presente nelle muffe di fermentazione. La fermentazione non è qualcosa di “esotico” ed estraneo alla nostra cultura: comporta anzi una riscoperta di tradizioni e abitudini molto più presenti di quanto si possa pensare.

Per quanto riguarda, invece, l’apporto proteico, gli studi scientifici condotti sull’argomento hanno ampiamente dimostrato che le diete vegetariane (incluse quelle vegane) sono perfettamente in grado di coprire il fabbisogno proteico di qualunque persona, anche di chi pratica sport o compie lavori pesanti, semplicemente soddisfacendo il fabbisogno energetico e consumando alimenti vegetali in modo variato. Il problema è piuttosto l’opposto, vale a dire che solitamente si assumono troppe proteine. Questo accade sempre nelle diete onnivore e spesso anche in quelle vegetariane: si pensi agli spot che promuovono l’assunzione di bibitoni iperproteici a persone oltre i 40 anni.
Le proteine animali sono considerate “nobili” perché degli esperimenti condotti sui ratti hanno mostrato una maggiore crescita dei piccoli alimentati “naturalmente” rispetto a quelli nutriti con proteine vegetali: ma nel far questo si è trascurato che il latte materno dei ratti ha un contenuto proteico 10 volte maggiore rispetto al latte materno umano, perché i ratti crescono 10 volte più in fretta dei bambini umani.

È assolutamente vero che alcune proteine vegetali hanno un contenuto relativamente basso di alcuni aminoacidi essenziali (i cereali hanno un contenuto più basso di un dato aminoacido essenziale, i legumi di un altro, le verdure di altri ancora, ecc.), ed è da qui che è nato il mito del dover “combinare” i vari cibi vegetali per ottenere tutti gli aminoacidi che ci servono.
In diversi studi – non condotti sui ratti – è risultato che il nostro organismo mantiene un deposito di singoli aminoacidi che vengono combinati tra loro a seconda delle necessità, non serve dunque combinare nulla nei pasti. Di fatto è impossibile pianificare una dieta che sia scarsa in proteine, anche volendolo fare appositamente: se la dieta fornisce abbastanza calorie e non è formata da junk-food, ma di normali cibi vegetali, automaticamente contiene abbastanza proteine, anzi, solitamente ne contiene ben di più di quante ce ne servano e quindi l’attenzione da porre è nel non consumarne troppe.

Il vantaggio di ricavare le proteine dai cibi vegetali anziché dai cibi animali è che così facendo si possono soddisfare i propri bisogni nutrizionali senza introdurre colesterolo e grassi saturi, notoriamente deleteri per la salute e inevitabilmente presenti in tutti i cibi animali.

Inoltre, le proteine vegetali aumentando la produzione di glucagone e contribuiscono a ridurre i livelli di insulina (fattore di rischio per obesità e si suppone per alcuni tumori).

Insomma, premesso che qualunque sia il regime alimentare scelto il controllo medico periodico è fondamentale e imprescindibile, specie per i bambini e gli adolescenti, non c’è nulla di innaturale o di intrinsecamente pericoloso nell’adottare una dieta vegetariana o vegana.

Linkografia

American Dietetic Association, posizione sulle diete vegetariane

ISS, studi scientifici sulle vitamine

National Health Service, le diete vegetariane

Università di Harvard, diventare vegetariani

SSNV, Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana

SSNV, l’alimentazione vegana in età pediatrica

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