Metrovia è la proposta di fare una rivoluzione del trasporto rapido di massa a Roma capitalizzando la dote ferroviaria e tutto quello che c’è già ma non viene adeguatamente sfruttato. Un’idea assolutamente condivisibile, sebbene nella proposta ci siano degli elementi di criticità: direi però che non trattandosi di un progetto, l’elemento rivoluzionario di questo approccio resta e va sostenuto.
Quello che mi ha turbato è che quando si è trattato di declinare questo approccio su un piccolo pezzettino di esistente, cioè la linea Laziali – Giardinetti meglio nota come trenino, i promotori sono passati (ad esempio qui) da alcune perplessità circa il progetto di fattibilità tecnico-economica approvato dall’Amministrazione e finanziato dal Ministero nel maggio del 2020 a un rigetto totale.
Perché, a loro dire, sarebbe meglio cestinare quello che c’è e rifare tutto daccapo.
Quindi eccomi qui con un (contro) spiegone: data l’inerzia comunicativa dell’Amministrazione e avendo terminato ogni incarico di supporto alla stessa, sono libero di dare un supporto al dibattito con qualche elemento tecnico in più.
La mia risposta parte, punto-punto, da questo video e dall’altro materiale pubblicato sul sito di Metrovia.
Il punto di partenza è il materiale (poco, qui e in questo quaderno) pubblicato da Roma Servizi per la Mobilità relativo al progetto di Fattibilità Tecnico-Economica (PFTE) finanziato dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
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Si tratta di una strettoia dettata dalla preesistenza di un edificio (meglio, dall’allargamento del fascione ferroviario che ha tolto spazio alla ex linea Roma-Fiuggi-Frosinone rispetto allo spigolo di un edificio sorto successivamente alla sua apertura) risolta con l’apposizione di binari intercalati: di fatto un tratto cosiddetto banalizzato, quindi con esercizio a senso unico alternato per capirci. Sebbene la linea sia datata, capitano anche nelle linee moderne (per esempio Angers, rue de la Roë).
La legge quadro sull’inquinamento acustico 447/95 e s.m.i. sancisce che il clima acustico sia definito in base alla somma di tutte le fonti esistenti (il fabbricato, ad esempio, è cinto dalla sopraelevata, dal fascio ferroviario di ingresso a Termini, dal deposito tranviario di Porta Maggiore oltre che dalla viabilità stradale ordinaria). Eseguendo una campagna di rilievi si va a ricostruire il contributo delle varie fonti e (facendo attenzione al fatto che si usano delle grandezze logaritmiche) se ne ricava la rispettiva quota emissiva.
Il trenino nel caso contributo a circa il 22% del clima acustico diurno (poco meno del 12% di quello notturno) ed è una fonte non prevalente rispetto al traffico ferroviario (43%, sorgente acustica prevalente) e stradale (31%).
Il fabbricato in esame rientra poi nelle cosiddette fasce di rispetto (nel caso della ferrovia) dove la stessa legge 447/95 riconosce delle deroghe ai limiti emissivi di zona: in sostanza si riconosce che l’adiacenza così diretta non sarebbe completamente mitigabile anche con gli interventi di risanamento più costosi.
Questo non significa che non se ne sia tenuto conto nel progetto di riqualificazione del trenino: nuovo armamento e, soprattutto, nuovo materiale rotabile ridurranno l’emissività acustica della linea del 65% portandone il contributo sul clima acustico dell’area al 10%.
Rispetto all’efficienza trasportistica: questa è stata oggetto di attenta valutazione sia progettuale che nell’esame del Ministero. La valutazione si fa sul perditempo imposto sull’esercizio dal non avere due treni contemporaneamente sulla sezione da proteggere. Ora, con le attuali norme “ferroviarie”, dopo l’incidente di Corato e gli atti successivi emanati dalla Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, Atac ha deciso di essere estremamente restrittiva: nonostante il Ministero abbia riconosciuto il carattere tranviario del servizio, applica le norme ferroviarie. Quindi un solo treno tra la fermata di Ponte Casilino e quella di Porta Maggiore. Con questa limitazione l’intertempo minimo è di circa 5 minuti.
Adottando un esercizio tranviario ed essendo la sezione banalizzato (circa 76 metri netti, 100 metri lordi) in rettifilo, la protezione è applicabile agli attuali segnali di via libera: quindi dopo la curva di ingresso in piazzale Labicano e circa 50 metri a valle della fermata di Ponte Casilino. In questo caso l’intertempo minimo scende a poco meno di 1,5’ ed è perfettamente compatibile con l’esercizio tranviario di sicurezza (3’, buona regola per un esercizio tranviario senza eventuali accodamenti) e di progetto (5’).
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La valutazione del nodo di Porta Maggiore è stata oggetto di una attenta analisi ancora una volta sia progettuale che del Ministero. Ad esempio (qui gli schemi in PDF), verificando sui flussi tranviari previsti dal progetto di rete tranviaria del PUMS:
Il nodo ha bisogno di essere completamente ripensato, questo è tacito: ma l’immissione ulteriore del trenino potenziato come linea G nell’anello, comporterebbe una frequenza cumulata inferiore ai 2’, pertanto impossibile da gestire con un servizio tranviario adeguato.
È bene sottolineare che in questo momento con il trenino che su via centrale propria e indipendente l’attraversamento dell’anello stradale è in sincrono con la viabilità. Con l’immissione sulla direttrice Prenestina, come il 5 e il 14 oggi, gli attraversamenti sarebbero gli stessi (2 fasi) con in più la sovrapposizione lunga con i flussi in svolta da piazzale Labicano a viale dello Scalo di San Lorenzo (e molte vetture che fanno le furbe passando sul marciatram). Specie su piazzale Labicano, i tempi di sosta del trenino e del 5/14 provenienti da via Prenestina, sono di fatto gli stessi. Lo snervante è dettato dal fatto che oggi i tempi di fermata e le cautele di marcia fanno spesso attendere 2 se non 3 cicli: per questo il progetto di fattibilità della linea G prevede una centrale unica di gestione dell’anello tranviario e stradale in modo da ottimizzare al meglio possibile i tempi morti.
Dove sta quindi l’efficienza del nuovo servizio?
In attesa – per questo ne sostengo la necessità – sia pubblicato tutto il PFTE della linea Termini-Tor Vergata è sempre possibile fare un accesso agli atti: la troverete, o almeno avrete contezza delle calcolazioni svolte.
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Questa alternativa è stata attentamente valutata nel documento di fattibilità delle alternative progettuali della linea Termini-Tor Vergata. In sintesi: l’attuale progetto di tombamento è solo parziale e anche nella sua estensione massima non prevede il tombamento completo lato Casilina (non facile anche perché le luci sarebbero importanti). Premesso che a livello progettuale le verifiche costruttive delle travi in quel punto non hanno adeguatamente indagato il carico di un tram, sarebbero da trovare almeno 25 milioni integrativi dei 54 milioni della copertura della parte tra l’attuale Istituto Virginia Woolf e via Prenestina.
Si vede anche dal render che avete scelto, al minuto 2:22 di questo video che il tombamento non è completo: anche se quello è un fotoinserimento vecchio, nel progetto in “costruzione” sarà tombata anche la linea merci limitandosi in senso nord-sud.
Poi ci sono alcune incompatibilità tra l’attuale sistemazione della piazza e dei relativi fabbricati tecnici con la sede tranviaria (la stessa piazza, per esempio, è pensile con un sopralzo variabile tra 70 e 110 cm rispetto all’attuale piano di campagna del ramo est della Circonvallazione Casilina). Mettiamo che questi nodi siano risolti, resterebbe l’impossibilità di mettere la linea di contatto perché l’inscrizione della curva su piazzale Prenestino prevedrebbe il transito sotto la rampa di discesa dalla sopraelevata a una altezza non compatibile (si vede anche oggi, che la linea di contatto del tram è più alta dell’intradosso della trave metallica delle rampe laterali della sopraelevata).
Anche qui poi si proporrebbe il problema dell’eccessivo numero di passaggi tranviari in ora di punta, considerato che il PUMS prevede il transito della 14 unificata all’8 come linea di forza tra periferia est e periferia ovest/Casaletto e più ci sono le linee da piazza dei Gerani.
Giocoforza che l’alternativa, fattibile ma più onerosa, sia apparsa meno valida del mantenimento della situazione attuale.
Lo stesso passaggio su via Napoleone III sarebbe complicato in termini di traffico tranviario cumulato: se i residenti su via Giolitti hanno le loro ragioni, anche quelli di Napoleone III non sono d’accordo con l’aumento del traffico tranviario. In qualche cortile, seppure con mille attenzioni e le tecniche più moderne, toccherà pur passare.
A proposito: il fascione unico su Porta Maggiore, anziché l’anello è un vecchio progetto Atac degli anni Ottanta. È una idea valida ma, fatta la tara alla frequenza cumulata inferiore ai 90’’, che fine farebbe la diametrale e il 3 in questa configurazione? Perché Atac ci ha rinunciato proprio per le difficoltà di iscrizione dei relativi rami e del traffico cumulato, non sostenibile in termini di esercizio.
Veniamo al nodo dei nodi: trovare degli itinerari alternativi a Porta Maggiore. Io auspicherei un Preneste – Portonaccio – Tiburtina – Università – Castro Pretorio – Indipendenza – Termini e magari un piazzale Prenestino – via L’Aquila – via La Spezia – San Giovanni ma il Ministero chiede che i progetti siano istruiti uno alla volta. E attualmente la rete romana ha questo benedetto nodo gordiano: speriamo che quanto prima sia migliorato.
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Che i binari del tram siano una barriera fisica e visiva ai pregevoli monumenti lungo la via è un parere anche condivisibile. Ma il traffico stradale non lo è, considerando che Roma vanta il triste primato di investimenti di pedoni e ciclisti in rapporto alla popolazione? E le 540 corse giornaliere bus (preCovid) in partenza per gli aeroporti di Ciampino e Fiumicino dal marciapiede adiacente all’Ala Mazzoniana non sono forse una barriera come anche il traffico che sfreccia in uscita del sottopasso Cappellini? Non inquinano l’aria e peggiorano il clima acustico (effetto canyon con i motori sempre accesi)?
Il progetto di miglioramento deve tenere necessariamente conto di tutti questi aspetti: quello proposto in sede di PFTE è certamente opinabile, ma con mezzi moderni e silenziosi e la riduzione dell’80% dei flussi motorizzati (ridotti al solo traffico locale) ha qualche elemento positivo dalla sua.
In più, caricare di passaggi tranviari l’asse Porta Maggiore – Napoleone III significa solo spostare il problema da qui a lì. Non è facile prendere una decisione condivisa e discuterne con i comitati locali e i cittadini potrà solo portare a una soluzione migliore.
Un’opinione personale, poi: pensarci bene prima di abbandonare i tracciati tranviari esistenti. Migliorarli il più possibile, certo, ma il problema (specie in questi giorni di caldo) è l’asfalto: ciclovie e verde devono guadagnare spazio sugli spazi scuri e impermeabili e non sulle rotaie per di più nei tratti nei quali queste non sono asfaltate e possono facilmente (togliendo il ballast ferroviario) essere rinverdite. Proprio come mostrate al minuto 3:12 dello stesso video.
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Questa è stata la prima osservazione fatta dal Ministero. Le analisi svolte da Roma Servizi per la Mobilità hanno mostrato che i due servizi sono assolutamente integrativi: lasciando stare i numerosi casi di linee tranviarie sovrapposte a linee metropolitane in Italia (Milano, per esempio, viale Fulvio Testi) e in Europa, quello che si è dimostrato è che un servizio con un tram a pianale ribassato potenzia l’attrattività della stessa linea C della metropolitana che oggi assorbe le origini/destinazione “lunghe” e non quelle più corte. Per questo continua a esistere il bus 106 e gli altri servizi di ridistribuzione con lunghi tratti di sovrapposizione alla linea C.
Spostare il tracciato in parallelo su viale dei Romanisti (quindi a una distanza compresa tra 250 e 450 metri a piedi) ha un solo grande svantaggio: fare una nuova sede tranviaria dove questa non c’è. Quindi spostamenti dei sottoservizi e riduzione della carreggiata in un asse che (malauguratamente) è nato per snellire il traffico della Casilina. Ma questo ha un rapporto benefici-costi necessariamente più basso rispetto al riuso di una rete esistente: come voi stessi sottolineate Roma ha bisogno di infrastrutture.
Difficile spiegare al Ministero e alla cittadinanza che se ne fa una nuova qui (sovra-ingegnerizzazione) quando c’è tutta la periferia occidentale, per esempio, che 8 a Casaletto a parte, non ha un km di tram. Né di metropolitana.
Al minuto 4:54 dello stesso video c’è un errore: il sovraccosto deve considerare solo il cambio d’armamento e di TE della tratta Centocelle-Giardinetti e non il costo complessivo. Stiamo parlando di 47 milioni complessivi che sono certo di più rispetto ai 16,5 della slide ma fanno sempre 11 mila euro per nuovo passeggero. Sempre meno del passaggio ex novo su viale dei Romanisti: ma che ci dicono anche che avessi qualche ragione a sostenere che non ci fosse bisogno al momento del cambio di scartamento. Tant’è.
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Dal bivio Romanisti/Togliatti (la tratta Togliatti/Casilina – Romanisti/Togliatti) è nel finanziamento della linea tranviaria Togliatti al Policlinico di Tor Vergata il tracciato da voi proposto è di 9,4 km. Il costo “storico” a Roma per una nuova tratta tranviaria è di 12,5 milioni al km (costo lordo delle spese amministrative e degli oneri).
Siamo a 117,5 milioni senza opere d’arte.
Poi c’è la nuova tratta del Vallo del Pigneto (circa 600 metri, 7,5 milioni) e c’è la riqualificazione tra Sant’Elena e Centocelle: sono 3,9 km. Il PFTE dell’Amministrazione cuba per questa tratta 38,5 milioni. Poi ci sono i 24 milioni del deposito di Centocelle.
In tutto siamo a 187,5 milioni.
Poi c’è il parco rotabile: la TTV ha bisogno di 22 tram per 12,8 km.
Ammettendo per sicurezza la stessa velocità commerciale, per i 17,3 km della proposta T1 (da Termini), ne servono 30. Quindi la spesa per il parco passa da 70,2 a 96 milioni.
In tutto (fino al Policlinico di Tor Vergata, per rendere confrontabili i due progetti) la T1 costerebbe almeno 283,5 milioni: se metto dentro anche almeno 2 nuove sottostazioni in più (2,5 milioni l’una chiavi in mano) per la tratta eccedente e consideriamo almeno degli adeguamenti sulle opere d’arte (vedi ponte sul GRA, almeno 10 milioni) siamo circa a quasi 300 milioni. Insomma, quasi 80 milioni in più, vuoto per pieno. Certamente con un maggiore effetto trasportistico, ma il costo non sarà lo stesso.
La densità di 14.400 persone per km quadrato poi è limitata alla sola via Ciamarra: se mediata su tutta la linea sarebbe bilanciata dalla tratta Anagnina – Tor Vergata che attraverserebbe zone commerciali e ampi spazi vuoti per attestarsi su una densità media di poco meno di 2.300 ab. per km quadrato.
Ad ogni modo è certo che il bacino sia differente: ma è anche tutto un altro progetto.
Il paragone poi andrebbe fatto con i 167 milioni originari (cioè con mantenimento dello scartamento metrico) che continuo, ma questa è una personalissima opinione, a sostenere sia la scelta più efficace.
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Il tram G, o linea Termini-Tor Vergata, nasce dal recuperare quanto già esistente. Certamente ci sono progetti migliori e certamente sarà migliorabile (ad esempio nella connessione con la linea H del PUMS, come unica infrastruttura): ma è bene non confondere mele con pere e non ostinarsi a perdere di vista il fatto che la linea C della metropolitana ha mancato nel suo effetto di riqualificazione delle aree urbane che insistono tra Centocelle e Torrenova.
Un tram ben fatto (alla francese, per capirci) può essere una grande occasione per un cambiamento radicale del paesaggio urbano attuale: è bene ricordare che le spinte a togliere quel sedime sono le stesse che vogliono allargare la strada. E una via Casilina larga, come ad esempio a Torre Gaia, non sembra affatto un bel guadagno in termini di vivibilità e qualità dello spazio urbano.
Per questo e molto altro il confronto è sempre una gran bella cosa. Ma c’é un ma – e non per spezzare una lancia per questa Amministrazione o le precedenti, al di là del colore politico – : non è utile né costruttivo partire dal presupposto che amministratori e tecnici siano sempre e comunque in malafede. D’altro canto è sacrosanto il diritto alla trasparenza tecnica e amministrativa: per questo spero che tutti gli elaborati di questo progetto siano al più presto resi disponibili per la cittadinanza e tutti quelli che non importa a che titolo vorranno saperne di più.
(L’immagine in alto rappresenta il fotoinserimento della nuova tramvia su via Cambridge, nel campus dell’Università di Tor Vergata, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia. Elaborazione Rsm, Andrea Persano)
Devo aggiungere a Pasquino che oggi qualche uccellino ha rivelato che nella spesa dei 213,8 milioni di Euro non c’è la spesa per la CONVERSIONE (sulla Via Casilina) DEL DEPOSITO DI CENTOCELLE. Vogliamo fare una venticinquina di altri milioni di euri ? tot. 240 ??? a voi i dettagli. Intanto ringrazio per avere voluto ripescare la “semplice” indicazione di TTV. ricordando che se si mantiene la saggezza dello scartamento ridotto questa è la progressione:
1) si deve aprire subito la Centocelle-Giardinetti
2)contemporaneamente si dovrebbe acquistare nuovo rotabile
3)arrivare subito a Termini e poi a Tor Vergata
4) poi innervare tutto il settore Sud est Tor Vergata-Tuscolana-Anagnina ovvero TTA
Tutta roba che il prossimo Sindaco potrebbe fare … nel tempo del proprio mandato
Buona lettura (amarognola?) del seguito e ricordate sempre :
LA SOMMATORIA DEGLI OTTIMI NON E’ L’OTTIMO
Massimo Montebello
DIALOGO CON PASQUINO sulla Termini-Giardinetti
Pubblicato sul sito della “Associazione Trasportiamo” – giugno 2020
Ma a che serve spendere ben 213 milioni di € (e soprattutto non si sa in quanto tempo, quando si interviene entro le mura Aureliane di Roma) affinché il cittadino di Via Casilina possa ri-avere quello che già ha?
…Sì ma lo avrà completamente diverso; se oggi ha un pezzo della “vecchia ferrovia ex Roma-Fiuggi a scartamento ridotto (la larghezza del binario)” domani avrà la “nuova linea G”, ovvero una linea a scartamento omogeneo come quello del resto dei tram romani. E poi allungando la linea attuale dall’odierno terminal (Ferrovie Laziali) lungo via Giolitti di altri 450 m circa potrà finalmente andare da Termini (nodo metro A e B) a Giardinetti … e poi al Policlinico di Tor Vergata… e poi alla città dello Sport … e poi alla Autostrada dove avrà un grande nodo di scambio con parcheggio delle automobili… e poi si potrà proseguire!
E come si farà questo nuovo progetto della Metro G, ovvero quali sono le fasi, i lotti di intervento? Insomma: avendo avuto la esperienza (non felice) della Linea C quale sarà la progressione degli interventi?
Ebbene essendo già chiusa ormai fin dal 2015 la tratta da Centocelle a Giardinetti, cominceremo lì a fare il cantiere tra un paio di anni (nel frattempo fatta la gara, aggiudicatala, superati i ricorsi, definito e fatto il progetto definitivo…senza intoppi) e tutti concordi nella Conferenza dei Servizi, realizzeremo la nuova linea per circa 3,5 km a scartamento ordinario. In pratica si tratta di scassare quello che già c’è, buttare il tutto, anche la linea aerea, e fare tutto nuovo. E poi vedremo anche le estensioni al Policlinico Tor Vergata ecc.ecc.
E allora i treni potranno arrivare finalmente a Giardinetti a inizio 2024 ammesso che si faccia tutto? Anzi meglio da Termini a Giardinetti se insieme si facessero pure i lavori di prolungamento lungo Via Giolitti?
No questo non è possibile. Vede: siccome i “vecchi treni” attuali della via Casilina vanno a scartamento ridotto, non possono andare sui nuovi binari delle tratte nuove. Perché per potere fare il servizio sulle tratte nuove occorrono i nuovi Tram per la via Casilina, finalmente a scartamento ordinario, per essere compatibili coi vecchi tram che circolano, come già detto prima, sulla rete tranviaria romana.
Anzi già che ci siamo: siccome pure i vecchi tram…sono vecchi allora nel frattempo li cambiamo con altri nuovi tram (c’è anche un altro finanziamento del Ministero ad hoc) che saranno anche a batterie come vorrebbe il MIBACT (Ministero per i Beni e Attività Culturali e il Turismo). Insomma siccome mettiamo le mani per modificare le infrastrutture (binari, fermate, elettrificazione) non solo nelle tratte all’esterno (sa, lo scartamento ridotto) ma anche dentro le mura Aureliane a partire proprio da Porta Maggiore. E quindi stanti taluni vincoli che impone il MIBACT (no fili aerei dentro le Mura – se lo ricorda il Filobus di via Nomentana?) è evidente che avremo bisogno di una flotta di nuovi tram che, quando serve andranno senza filo (p.e. da Porta Maggiore a Termini lungo l’attuale percorso di Via Giolitti che passa anche presso il Tempio della Minerva Medica) e quindi questi nuovi tram saranno dotati tutti di batterie per accumulare l’energia anche per fare la salitina di Via Giolitti. Batterie da circa 8-900 kg che dovranno poi essere smaltite (oltre che comprate e cambiate) ogni circa 6 anni. E ogni tram nuovo avrà una spesa aggiuntiva ogni 6 anni di circa 200.000 € (più o meno quanto costa un Bus) non lo ricorda quanto è successo per i filobus della Nomentana?
Mi faccia capire: faremmo tutti questi lavori con previsione ottimistica al 2024 solo per la Centocelle –Giardinetti e ci ritroveremmo contemporaneamente sulla stessa linea “su ferro” della via Casilina pezzi vecchi a scartamento ridotto e pezzi nuovi a scartamento tranviario; ma anche con treni vecchi che funzionano e portano gli utenti sempre e solo da Laziali a Centocelle e Nuovi Tram a Batterie fermi e dove?
No, non necessariamente i nuovi tram devono restare fermi, possono andare sul resto della rete tranviaria esistente. Ma, finalmente siamo al cuore, alla parte più difficile del nostro Progetto finanziato così come ci siamo accordati di recente col Ministero dei Trasporti che ha richiesto lo scartamento ordinario.
Vede: in ogni infrastruttura di trasporto specialmente su ferro, la componente fondamentale, da non trascurare è il deposito-officine. E’ qui infatti che si devono ricoverare i cosiddetti Rotabili (così non li chiamiamo né treni né tram). Ma non ricorda quanto avvenne per la linea C? Non ricorda che la metro C era motivata dalla necessità di aiutare (per il Giubileo del 2000 n.d.r.) la Linea A. Si ricorda che la linea A arrivava già satura a S. Giovanni e quindi la linea C da lì sarebbe dovuta iniziare e andare verso il centro. Doveva essere interrelata alla linea A così i rotabili potevano avere manutenzione al deposito della A? Non ricorda che poi date le difficoltà poste proprio dal MIBACT si rinunciò all’uso primario della C per il Giubileo? Si iniziarono a fare i lavori della linea C col deposito al km 18 della Via Casilina e via via si invase la nostra ex Roma-Fiuggi diventata nel frattempo Laziali-Pantano. Ed in quel caso i nuovi rotabili, arrivati prima furono fermi per anni al nuovo Deposito Officina e non poterono circolare altrove (p.e. su metro A o b) per quell’altra decisione “all’improvviso” della marcia automatica “driver-less” che li rese incompatibili con metro A e B. E fu allora che infine rimase la linea Giardinetti-Laziali fino al giorno 3 di agosto 2015, quando venne chiusa da Centocelle per fare la “trasfusione di sangue-passeggeri” alla Linea C. Questa da Pantano a P.zza Lodi venne inaugurata il 29 giugno 2015 e nel timore che rimanesse “infartuata” (si rivelasse senza utenza un insuccesso costato un sacco di Euro) e fu da allora, che ATAC chiese alla Regione Lazio la chiusura della tratta Centocelle – Giardinetti… per evitare che i passeggeri non usassero la metro C con la scusa che la tratta era sovrapposta.
Mi aiuti a capire… sì è vero: venne inaugurata prima la tratta esterna della C che attualmente (dal 12 maggio 2018) è ferma a S. Giovanni… ma allora è chiaro, oggi con lo spaziamento sociale del COVID 19 è riesploso il problema del Nodo Metro A e B a S. Giovanni. Non mi era chiaro che la tratta esterna fosse dipeso dal disaccordo col MIBACT perché per entrare al centro oltre le mura da S. Giovanni, si dovevano fare prima e a lungo gli scavi in zona archeologica per la interconnessione con la linea A e il suo deposito.
Possiamo convenire che questa è un po’ la storia di quanto accaduto. Anzi si deve pure sapere che la linea A nella sua configurazione iniziale già prevedeva (e così fu realizzata la stazione di S. Giovanni) il passaggio “in croce” della Linea C ad un piano sopra della quota ove passa la linea A. Ci faccia caso quando va a prendere la A: e scoprirà di passare per un insolito mezzanino. Ma comunque di tale passaggio già pronto, non se ne fece niente perché il MIBACT impose il passaggio a – 30 m (per andare sotto la platea archeologica) ed in tal modo i lavori della linea C dovettero prevedere la realizzazione di addirittura una nuova stazione profonda imprevista. Ma non è finita perché non avendo la nuova stazione della metro C di S. Giovanni (quella imbellita come museo) i tronchini di manovra, poi si dovette evidentemente incrociare a – 30 m la stazione della A (lavoro non certo facile senza talpe che vennero addirittura estratte) e subito dopo fare un manufatto gigantesco, ove pure ricalare le talpe e fare i tronchini. Una sorta di altra stazione per permettere di avere lo scambio dei binari per questione di sicurezza dell’esercizio e degli utenti. Questo “problema tecnico” non venne quindi tenuto in debito conto da quelli del Comune che si arresero al MIBACT che aveva altri problemi.
E la stessa resa della C potrebbe accadere anche con la vicenda dei nuovi tram a batterie a partire dalla penetrazione da Porta Maggiore a via Giolitti e tutto ciò sarebbe giustificato dall’adozione dello scartamento ordinario al posto del ridotto? Ovvero: stessa storia di disagio e resa della Ingegneria dei Trasporti avvenuta anche col filobus della Nomentana, ma molto, molto più costosa nel caso della Termini-Giardinetti di cui stiamo parlando del cambio di scartamento?
213 milioni di € è poca spesa rispetto alla vicenda della C e ai suoi costi alla collettività non solo in denaro ma …in tempo… e in disagio! Ma se non c’è gente competente che interloquisce col MIBACT delle esigenze dell’esercizio, e quindi degli utenti, il progetto di una infrastruttura di trasporto diventa nave senza timone. Ma a proposito di competenze eravamo alla importanza del deposito-officine. Questo nel caso della direttrice su ferro della via Casilina si trova proprio a Centocelle (e peraltro pure vincolato dal MIBACT).
Bene in questa area del deposito-officine si dovrebbe avere poi contemporaneamente una parte a scartamento ordinario per i tram verso l’esterno e una parte a scartamento ridotto per mantenere attivo il collegamento per gli utenti durante i lavori di cui stiamo parlando.
Ma allora anche nel caso della Termini-Centocelle-Giardinetti si potrebbe ripetere la storia della C, ovvero per evitare di discutere subito i problemi della tratta Porta Maggiore – Termini prima si interviene coi lavori oltre Centocelle – Giardinetti , poi si acquistano i tram nuovi, pure a batterie, poi dovremo cambiare scartamento e trazione alla tratta da Centocelle-alle Laziali e solo infine possiamo pensare di realizzare la tratta più importante per gli utenti ovvero i 450 m dalle Laziali a Termini … ipotizziamo nel 2027?
Beh, di fatto è ciò che ci troviamo di fronte. E penso che per l’ipotesi del 2027 possa essere un planning accettabile perché significherebbe che tutti i problemi sono stati affrontati e risolti (anzi magari tutto ciò fosse vero, consideri che la linea C dopo tutto quanto successo è tuttora indefinita). Lei deve considerare anche che p.e. il prolungamento oltre Porta Maggiore (compreso l’attraversamento della stessa Piazza che l’ATAC voleva non incrociante (come adesso) ma in rotatoria, visto che lo scartamento è tutto eguale – ma potrebbero anche cambiare idea) ed in ogni caso bisognerà o imporsi al MIBACT o esserne sottomessi con l’aumento delle spese di esercizio e di creazione e smaltimento delle batterie che abbiamo su accennato.
Ma perché c’è qualche altro problema da risolvere per superare la salitina verso Termini e attestarsi vicino alla galleria di accesso ai treni e alle metro A e B?
Nel nostro progetto il terminale a due binari è localizzato anche dalla parte opposta della pensilina dell’Ala Mazzoniana di Termini; probabilmente sarebbe più funzionale per il disegno complessivo, la sicurezza degli utenti e la stessa funzionalità di via Giolitti che ha 3 tratte di comunicazione con la parallela Via Filippo Turati (oltre il sottopasso di fronte a via A. Cappellini), ma andare sotto la pensilina sarà possibile ?
Chiedo di nuova scusa ma mi sta dicendo che ci potrebbe essere una soluzione a Via Giolitti in grado di non fare vedere il filo pur mantenendolo nascosto sotto la pensilina dell’Ala Mazzoniana?
In verità questo sarebbe il primo vero problema da risolvere perché se il MIBACT accettasse … beh cambia tutto; e se il MIBACT accettasse pure il filo nei pressi del Tempio di Minerva Medica allora sarebbe più facile convincere la stessa ATAC a mantenere l’incrocio a Porta Maggiore…
Ma allora se mantenessimo lo scartamento ridotto ci sarebbero vantaggi economici?
Certo che ci sarebbero e sarebbero clamorosi, a parte il fatto che cambierebbe tutta la organizzazione degli interventi sulla linea, se non dovessimo adottare lo scartamento ordinario come vuole il MIT
Si spieghi meglio per favore e cerchi di essere esaustivo e soprattutto sia convincente: sa ne ho bisogno …
Se si mantenesse lo scartamento ridotto in accordo col MIT e se il MIBACT non contribuisse ad essere venditore di Batterie che costano e inquinano:
1. Si riaprirebbe subito la tratta Centocelle-Giardinetti di 3,5 km a tutto vantaggio della Emergenza Covid 19, ma comunque non è solo la emergenza Pandemia. Si eliminerebbero alcune linee bus a favore dell’ambiente (tempo 10 giorni? Dipende tutto dal Direttore di Esercizio)
2. Si allenterebbe il flusso sulla linea C e probabilmente si alleggerirebbe il carico su Metro A
3. Si potrebbe e dovrebbe col MIBACT discutere subito il prolungamento di 450 m fino alla stazione Termini metro A e B (stiamo parlando di mesi se non si pongono ostacoli ideologici)
4. Si deve richiamare qualche macchinista per permettere al momento la circolazione di 10 rotabili su 14 mantenendo il 25% di questi (4 rotabili) in manutenzione per servire anche Centocelle Giardinetti
5. Si può pianificare in funzione della reazione della domanda di come successivamente aumentare il parco dei rotabili per arrivare pian piano a frequenza di 5 minuti
6. Si può pianificare e realizzare senza alcun problema la estensione della linea fino a Tor Vergata e oltre avendo sempre riferimenti di quanti nuovi rotabili acquistare
7. Si possono acquistare i nuovi rotabili con pianale ribassato come sono i tram in Sardegna a scartamento ridotto, col beneplacito del MIT che lo ha già dovuto evidentemente concedere
8. Si riducono drasticamente tempi e costi di progetto.
9. Si riducono drasticamente i costi di esercizio allontanando lo spettro dell’acquisto di batterie e l’inquinamento da mezzi su gomma Bus sulla Casilina riprendendo oggi, non fra anni la cura del ferro
10. Si rendono subito felici gli utenti che vedono allungarsi la linea km x km senza mai interrompere il servizio e trasformare la TTV (Termini Tor Vergata) in tranvia … senza spendere € di troppo
E questa…gliela dico senza numero. Pensi che si potrebbero fare tutte le estensioni possibili anche con forti pendenze e curve strette per andare ad Anagnina o a Torre Angela o addirittura verso i Castelli, salendo e scendendo da viadotti così come per tale motivo nacque lo scartamento ridotto. Ricordi: era Roma-Fiuggi!
Andrea, parto della frase chiave della tua conclusione del punto 7: “Il tram G, o linea Termini-Tor Vergata, nasce dal recuperare quanto già esistente.”.
Questo era il concetto ispiratore del momento in cui scrivevi questo: https://cityrailways.com/pubblicazioni/il-trenino-giallo/
Era un approccio controcorrente rispetto alla linea di pensiero diffusa che dava per imprescindibile la trasformazione in tranvia della linea al momento dell’apertura della C, unitamente alla dismissione della tratta ad essa sovrapposta (quest’ultima poi non a caso attuata con la chiusura della Centocelle Gardinetti), e che era motivata con gli evidenti vantaggi in termini di uniformazione dello standard, di possibilità di connessione con altre linee, di utilizzo comune con esse dei veicoli.
Il tema del documento del link di sopra poteva invece, credo, riassumersi come segue, sebbene lì fosse infinitamente più articolato: perché devo investire qui risorse se ho già una linea che funziona, che di fatto è già una tranvia (norma UNI 8379 alla mano), di cui posso riaprire la tratta chiusa quasi a costo zero? Semmai, piuttosto, la prolungo a servire altre zone.
Sai meglio di chiunque altro come poi in corso di progettazione l’indirizzo sia virato verso la linea di pensiero precedente, prima con la decisione di adottare la tensione di alimentazione tranviaria e poi lo scartamento standard, modifiche che messe insieme comportano il rifacimento integrale di binario, elettrificazione, sottostazione e deposito, nonché la radiazione completa del parco del materiale rotabile: che tutto ciò faccia avvicinare la spesa a quella di una realizzazione di tranvia ex novo è facilmente intuibile, naturalmente a fronte dei vantaggi in termini di possibilità di interconnessione con le altre linee, presenti e future, quando incrociate, e di servizi modulabili secondo l’evoluzione della domanda.
Inutile però, a questo punto, stupirsi che a qualcuno, oggi Metrovia, domani qualcun altro, venga in mente la considerazione: se devo in pratica fare una tranvia ex novo, chi mi obbliga a farla nello stesso sedime della vecchia? Perché non sul viale accanto? Su un tratto di linea esistente? Unificando il tracciato con altre linee in programma? etc. etc…
Da qui lo scambio di considerazioni tecniche (per lo più condivisibili) che hai avuto a distanza con la soluzione Metrovia, della quale non mi sembra però a questo punto tutto da scartare, ad esempio l’idea di portare il tram a Termini sfruttando un capolinea che già c’è ed un tratto, parimenti esistente, che scambia ulteriormente con la linea A a Vittorio scaricando il nodo Termini non mi sembra da buttare.
Guido, qui tocchi un punto per me dolente. Perché in quanto consulente “esperto” mi sono sentito colpevole di aver portato l’Amministrazione di fronte ad un aut-aut del Ministero. Mi spiego meglio, hai visto il primo PFTE che, in linea di principio non era che la proposta della mia pubblicazione ovvero il tentativo di applicazione dei principi dettati dalla Strategia “Connettere l’Italia” del 2016 (https://www.mit.gov.it/sites/default/files/media/notizia/2016-07/Strategie%20per%20le%20infrastrutture_2016.pdf) ovvero: riuso dell’esistente con progetti snelli ed efficaci. Primo scoglio: può la tensione restare a 1,2 kV nominali? Sì, no, forse: mediamo. 4 nuove sottostazioni, tensione a 600 V (che poi quella standard sarebbe 750 V e a un certo momento s’é corso il rischio che venisse richiesto l’adeguamento di tutta la rete storica come fatto a Bologna https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/politica/2011/05/24/511745-anche_cgil.shtml).
Quindi l’armamento: l’effetto rete necessità di una connessione fisica? No: prima relazione analitico-comparativa sui tanti casi di scartamenti ridotti (vedi quello tanto ridotto di Linz) e sulle reti uniche ma di infrastrutture distinte (per esempio Losanna). Segue risposta non convinta: seconda redazione analitico-comparativa sul doppio scartamento di Bratislava e Sofia. Nel frattempo erano passati 6 mesi e la stanchezza iniziava a farsi sentire: anche perché al principio c’era stato il confronto sul cosa sia il trenino: treno, tram o cos’altro?
Alla fine si cede anche perché questa è la linea Maginot: penso di poterlo dire senza creare incidenti diplomatici, pur essendo il progetto della linea TTV l’applicazione da manuale della Strategia del Connettere l’Italia non viene finanziato in prima battuta. Eppure l’istruttoria era stata completata positivamente e anche con un buon punteggio (tra le prime 5 istanze della lista): ma non c’é convinzione tecnica sul mantenimento dello scartamento metrico italiano.
Il resto è storia: come recita lo strillo ministeriale, il finanziamento è accordato e consentirà la procedura di trasformazione della linea ferroviaria “Roma – Pantano” in linea tramviaria (?). Questo con gli ultimi adeguamenti tecnico economici introdotti dal Mit. Più chiaro di così.
Il progetto è così finanziato anziché con il DM 607/2019 (https://www.mit.gov.it/normativa/decreto-ministeriale-n-607-del-27-dicembre-2019) con successivo decreto direttorio del maggio 2020: di fatto una vittoria politica che fa contenti un po’ tutti. Per me una sconfitta tecnica, perché almeno 80 milioni di quel finanziamento siano semplicemente non necessari a parità di benefici-costi.
che metro e tram possano convivere lo mostra benissimo Amsterdam che ha per chilometri una metropolitana che passa sui binari del tram… o un tram che passa sui binari della metropolitana….
L’errore che portò alla chiusura delle tratte urbane delle linee per i castelli per timore che non si riempisse la metropolitana è stato sconcertantemente ripetuto qui. La prima cosa da fare è evidentemente riaprire i tre chilometri sospesi anziché continuare ad esercirli con autobus, e garantire la continuità del servizio nei (non pochissimi, mi sento di dire) anni che vedranno la realizzazione del progetto del Comune
Condivido pienamente la tua analisi, Andrea. Dell’opportunità di non fare alcuna delle tre varianti proposte mi ero già convinto quando a richiesta di Walter Tocci ho esaminato la questione e ho buttato giù una relazione scritta in modo asettico ma dalla quale si capisce che è bene lasciare il tracciato come sta.
Porta Maggiore è un grosso problema, potrà funzionare alla meglio con la G ma molto difficilmente non potrà accogliere tutte le linee tranviarie previste dal PUMS. La soluzione sarà deviarne qualcuna, come proponi o in altro modo.
Che metro e tram possano condividere un tracciato lo mostra ancor di più via Manzoni di Milano, dove si cancellò la prevista soppressione del tram.
Infine, pur non toccando il tracciato, vorrei capire qualcosa della G: i dichiarati 17 km/h di velocità commerciale mi sembra molto poco per una metrotranvia con quelle potenzialità di tracciato. Ma aspetto, non ho né tempo né voglia di chiedere l’accesso agli atti ….
Giovanni, grazie per il commento.
Sulla velocità commerciale: 18 km/h (poco meno) è l’attuale velocità commerciale Porta Maggiore – Giardinetti. Nonostante la segregazione totale, incide la disattivazione dell’asservimento (era attiva a via del Grano, recentemente è saltata anche a largo Alessi dopo l’allestimento della nuova circolazione all’inglese su via Casilina per il cantiere di Pigneto. Nelle simulazioni di progetto si guadagnano nuove e più performanti vetture, ma si perde sulla rimozione complessiva dei guard-rail che, sembra, non saranno sostituiti con altre recinzioni preferendo una maggiore permeabilità laterale. Che ha un prezzo in termini di velocità massime e di maggiore cautela (siamo a Roma) da parte dei macchinisti nella marcia.
Quanto agli atti, continuerò a rompere le scatole affinché, magari in corrispondenza dell’imminente Conferenza dei servizi, si pubblichi il PFTE seguendo il buon esempio di Bologna (http://dru.iperbole.bologna.it/pianificazione-governo-territorio/tram-progetto-denominato-prima-linea-tranviaria-di-bologna-linea).