La tempesta di sabbia di Jaisalmer

Si è parlato molto, nei giorni scorsi, di una terribile tempesta di sabbia che ha provocato un tragico bilancio di 110 vittime nel Rajastan, in India. In realtà non si è trattato di una tempesta di sabbia classica, ma di un fronte temporalesco molto attivo (nei libri di meteorologia classica si chiamava “linea dei gobbi”, oggi “squall line”).

Il fronte è avanzato velocemente da nordest verso sudovest, amplificando l’effetto delle raffiche discendenti che normalmente un temporale genera nel suo avanzare (la classica sferzata d’aria fredda che accompagna le prime precipitazioni): si è creata una gigantesca raffica che ha innescato la tempesta di sabbia attraversando le propaggini orientali del grande deserto del Thar.
Jaisalmer, città famosa per i bellissimi monumenti, considerata la porta del Thar è stata investita in pieno, prima con raffiche violentissime e sabbia e quindi da pioggia e fulmini.

Si è trattato quindi di un fenomeno di di haboob: la parola araba (da “soffiare”) indica una tempesta di polvere e di sabbia, molto intensa, scatenata dai temporali che investono le superfici desertiche del Sahara e del Medio Oriente (Penisola Arabica, regioni aride dell’Iraq, Kuwait e Sudan). Il termine si è diffuso in altre aree desertiche o secche nel resto del mondo, per esempio in Australia, Messico e Stati Uniti: molto famosi sono gli haboob che colpiscono Phoenix tra maggio e agosto.

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