Lo spread risale: ma cosa accade nel resto del mondo?

Com’era facile da prevedere è ricominciato il balletto dello spread.

Dai 553 punti del famigerato 9 novembre 2011, il differenziale non superava la soglia dei 200 punti da quattro anni.
Significa che un Btp italiano a 10 anni è arrivato a rendere il 2,0% in più rispetto ad un titolo tedesco sempre a 10 anni.

Deve preoccupare?

In effetti sì, perché significa che lo Stato italiano deve pagare più interessi a chi sottoscrive i titoli del proprio debito pubblico sottraendo risorse agli investimenti.

C’è però di che consolarsi e vedremo più avanti il perché.

Prima cerchiamo di capire bene cosa è lo spread. In termini economici, è un numero che sta ad indicare una differenza percentuale: lo spread è la differenza tra il rendimento di due obbligazioni emesse dai governi tedesco ed italiano. Rispettivamente, da una parte i Bund tedeschi, dall’altra i BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) decennali.
I Bund ed i BTP sono titoli di stato che i governi nazionali emettono per raccogliere del denaro: andando in banca, i cittadini acquistano queste obbligazioni dando allo stato preziosa liquidità, e dopo un certo numero di anni sarà possibile riscuoterli con gli interessi. Ad esempio, se i BTP presentano un interesse del 6,00%, e i Bund del 2,00%, lo spread (la loro differenza) sarà pari al 4,00%, ovvero a 400 punti: lo spread si esprime con numeri di tre cifre che comprendono anche i decimali.

La regola generale è che se dal punto di vista economico uno Stato ha i conti a posto, i suoi titoli sono caratterizzati da un interesse basso, mentre al contrario uno stato considerato meno affidabile pagherà un interesse maggiore a chi compra le sue obbligazioni. La questione sembra andare contro la logica: perché un rendimento più alto è sintomo di una economia in crisi?
Molto semplice: questi titoli sono considerati un rischio dagli investitori: è possibile acquistarli sperando di ricavarne molti interessi, ma bisogna sempre considerare che in seguito ad una bancarotta si perderà tutto il denaro investito. Per rendere quindi appetibile l’investimento da parte degli scettici, vengono proposti rendimenti molto elevati.

Ora, la situazione dello spread tra tutti i Paesi del mondo, al 25 maggio 2018, è la seguente:

Naturalmente le economie degli Stati in maggiore difficoltà economica hanno spread molto alti.

Ma se lo spread italiano è a 206 punti, troviamo la Nuova Zelanda a 236, l’Australia a 238, gli Stati Uniti a 252. Poi Cina a 328 e India a 739.

E troviamo anche Giappone e Svizzera con spread addirittura negativo rispetto ai titoli di Stato tedeschi. Significa che acquistare il debito pubblico di questi due Stati di fatto non ha alcuna convenienza anzi, spendendo 100 dopo 10 anni si riavrebbe indietro 96. La discesa sotto zero del tasso dei Bund decennali resta comunque un evento di rilievo sul panorama dei mercati, non soltanto dal punto di vista meramente statistico.

In Giappone la discesa sottozero risale ai primi di febbraio del 2016, pochi giorni dopo che la Banca centrale del Giappone aveva allentato ulteriormente la propria politica monetaria nel tentativo (poi rivelatosi velleitario) di frenare la preoccupante avanzata dello yen.

La discesa dei tassi elvetici decennali sotto la soglia dello zero risale invece alla metà del 2015 ed è collegato a un evento del tutto particolare e inatteso dal mercato: l’abbandono del cambio fisso con l’euro (all’epoca 1,20) che si accompagnò all’abbassamento dei tassi di riferimento al valore record di -0,75 per cento. La taglia relativamente limitata dell’economia svizzera e il suo sbilanciamento verso il settore finanziario rende il Paese fortemente legato a ciò che le sta intorno, quindi in primo luogo all’Eurozona.

C’è però una questione che differenzia il caso elvetico da quello giapponese: la Svizzera ha un debito pubblico pari al 33% del PIL mentre il Giappone ha il secondo debito del mondo in termini assoluti e il primo in termini relativi. Il debito pubblico giapponese, sotto il sesto anno di spinta espansiva della Abenomics, ha recentemente superato il milione di miliardi di yen cioè quasi 7.500 miliardi di euro, 224% del PIL del Paese.

A proposito di debito, nel marzo di quest’anno quello statunitense ha superato il 100% del PIL, portandosi a 21 mila miliardi di dollari. Anche per questo lo spread USA è risalito a 253 punti.

Prima di trarre le vostre conclusioni sullo stato di salute delle economie di Australia, Stati Uniti, Giappone, Svizzera e Italia basandosi solo sullo spread oppure sul debito pubblico conviene ricordare che l’economia, come la finanza, non è che uno dei tanti costrutti mentali che gli umani hanno creato.

Non c’è alcuna scienza esatta: in economia per ogni regola c’è una eccezione.

L’unica cosa che conta è se si è dalla parte del banco oppure si è un semplice giocatore.

Lista dei Paesi per debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo (GDP, in inglese). Fonte Banca Mondiale.

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